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Il mio nome è Walter Cavanna e ho percorso l’arco della mia vita attraversando quegli anni che hanno modificato la storia di questo Paese: dal fervore del ’68 alla nascita del femminismo, dagli anni del “boom” economico ai tempi bui del terrorismo, dalla politica fatta da Uomini seri a quella fasulla degli ultimi 20 anni e al peggior neoliberismo berlusconiano, dalla sparizione della sinistra all’era digitale e ai mondi virtuali dei social network. Mi definisco un uomo libero e un pensatore indipendente, senza però cadere nell’errore dell’onniscienza o della superficialità. Amo meditare su ciò che mi circonda, trarne insegnamento per il futuro con l’unico strumento del ragionamento. Ho scelto di dar vita a un podcast tutto mio per un motivo semplice: sebbene io scriva da tempo sulla mia pagina Facebook con impegno e passione, spesso mi accorgo che le parole, anche se sincere, non sempre raggiungono l’animo di chi legge, là dove vorrei che arrivassero: alla vostra coscienza. Auspico che la mia voce narrante possa conseguire l’obiettivo che mi sono prefisso, ovvero quello di dialogare con voi per trovare insieme soluzioni comuni e soddisfacenti, per plasmare il mondo che ci circonda in un luogo migliore.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
A.Gramsci
11 febbraio 1917